La scatola magica di Twin Peaks – Apriamo il coperchio

*Questo è il primo articolo di una serie dedicata a decostruire il magico mondo di Twin Peaks e mostrare le sue innumerevoli, meravigliose connessioni*

Ho sempre pensato che il cinema fosse una scatola magica in grado di potenziare la percezione della realtà che il comune sguardo a volte dimentica di cogliere. Alcuni autori riescono a trasmettere allo spettatore delle sensazioni destinate a cambiare per sempre il nostro modo di guardare le cose e a stabilire connessioni speciali con la realtà che viviamo, se non altro per la maestria con cui costruiscono una storia con uno stile che pur essendo del tutto peculiare dialoga sempre con quello che li ha preceduti. In un celebre aforisma Fellini disse “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo” alludendo con grande ironia al fatto che il termine “felliniano” fosse diventato una definizione, un’estensione del suo modo di percepire l’immagine e il racconto filmico restituendo allo spettatore un’esperienza inedita, inaspettata, stilisticamente originale. Nella pletora di opere ripetitive, formulaiche, standardizzate che popolano il cinema e la letteratura oggi, l’originalità è sempre stata vista come un dono che, quando riconosciuto, si trasforma in un canone autoriale, in uno stile specifico. E quindi Fellini, Antonioni, Hitchcock, Wilder, Bergman, Murnau… Lynch. In letteratura i nomi sono tanti, persino troppi ma quest’arte ha molti più secoli di pratica ed elaborazione; un autore per tutti, che è diventato un aggettivo inconfondibile: Kafka.

Ma non si possono mescolare cinema e letteratura, qualcuno potrebbe dire. Uno dei principi della critica del novecento, che ci è stato insegnato a forza nelle aule universitarie, è che un’opera d’arte dovrebbe esplorare, definire ed elaborare la sua forma all’interno del suo medium, ossia fare quelle cose specifiche del medium nel quale si colloca, senza attingere o ispirarsi nelle forme e nelle pratiche di altri media. E chi studia deve attenersi a questo criterio, perché… chissà perché? Se gli artisti si fossero imposti questo principio programmatico attenendovisi rigorosamente non ci sarebbe stata innovazione formale e il cinema sarebbe ancora un assemblaggio di immagini giustapposte per non si sa quale scopo. Ma per fortuna la storia di quest’arte è andata in un altro modo, e oggi, accanto a un’industria che omologa e produce tante scatole tutte uguali, pronte all’uso, ci possiamo godere anche le meravigliose, innovative visioni di chi mette in campo non solo i principi strutturali del medium, mostrandone i limiti e le potenzialità, ma anche i sostrati di tutti i medium che lo hanno preceduto facendoli collidere eppure mantenendo una struttura salda, che si tiene, che procede stimolando continuamente lo spettatore.

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Immagine elaborata da Cristiano Siqueira

In questo senso, David Lynch ha fatto con Twin Peaks una geniale opera seminale che richiama tanti altri medium (musica, arti visive, teatro, racconto letterario) facendoli confluire nella realizzazione di un lavoro veramente e autenticamente immaginifico che susciterà molte riflessioni (lo sta già facendo, ma lo farà ancora di più nel prossimo futuro). Ha mostrato che al medium cinema (perché TP sarebbe da guardare sul grande schermo ma comprensibilmente non si può per la sua lunghezza) può succedere quello che è accaduto al teatro tra la fine dell’ottocento e i primi decenni del novecento (fino ad arrivare a Beckett) quando la forma è precipitata in contenuto, quando il teatro si è trasformato in meta teatro (e quando ha mai smesso di farlo, viene da chiedersi?) e si è aperto a nuove possibilità drammaturgiche rinnovando così anche il modo in cui il pubblico si rapportava alla scena. Anche con Twin Peaks allo spettatore è richiesto un modo diverso di rapportarsi a quello che vede, pur restando estremamente coinvolto nella storia in sé.

Personalmente, mi sono sentita finalmente una spettatrice chiamata in causa, con una partecipazione che non provenisse soltanto dal fatto che, diavolo, Twin Peaks mi piace enormemente e che da settimane, da quanto è andato in onda l’ultimo episodio, non faccio altro che pensarci. Soprattutto mi è piaciuto il fatto che finalmente il pubblico non è stato considerato una massa da imboccare, indicandogli le cose da seguire e da guardare in maniera didascalica. Forse il pubblico è anche fatto da persone che pensano, che si appassionano, a cui piace ogni tanto essere sfidate a capire, a riconoscere, ad avventurarsi, a tuffarsi in quel meraviglioso meccanismo psicologico che è poi un patto interpretativo tra l’opera e lo spettatore (o lettore) che si chiama sospensione dell’incredulità e a domandarsi come si fa a strutturare una cosa così e a renderla così coesa dal punto di vista narrativo e visivo.

Anche se qualcuno ha detto che Lynch disprezza il pubblico (cosa non vera, secondo me), mi sembra che invece lo ritenga molto più intelligente di quanto non pensi il sistema TV nel suo insieme. Perché per capire TP e anche volerne aprire la scatola magica del suo meccanismo narrativo ci vuole una bella preparazione e anche molta immaginazione. Una cosa che la TV convenzionale tende proprio a far morire nello spettatore medio. Intanto i generi: thriller, fantascienza, fantastico, commedia, dramma sentimentale, mystery, western, con stili che si intersecano anche all’interno di una stessa scena, di una stessa sequenza: noir, horror gotico, slapstick, soprannaturale, fiaba.  Ma la magia  di Twin Peaks sta nell’aver creato delle connessioni talmente potenti da poter dimostrare che, mescolando gli elementi fondativi di tanti media diversi, si può ottenere qualcosa di coeso e narrativamente coerente, di innovativo e classico al tempo stesso. E questo qualcosa attinge dall’immaginario collettivo e dalla intrinseca qualità americana del mondo che rappresenta, reinventandolo con uno stile seminale che segnerà il nostro modo di percepire la realtà filmica come hanno fatto le grandi narrazioni mitiche e fantastiche del passato, quando il cinema non esisteva ancora e forse veniva soltanto sognato.

 

Le immagini sono state elaborate da Cristiano Siqueira, e sono reperibili con molte altre belle immagini qui.

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