Mi chiamo Roberta Fornari e prima di essere immaginaria sono una lettrice in carne e ossa. Dopo l’autore invisibile, lo scrittore fantasma, il narratore inaffidabile trascendere il mio stato “corporeo” mi sembrava il modo migliore per mettere in primo piano le cose che ho letto o i film che ho visto, cercando di trasmettere lo stesso piacere o interesse che possono aver avuto per me senza cadere nel tranello dell’autoreferenzialità.
Questo blog è uno spazio dedicato ad alcuni dei libri che ho letto e ai film che ho visto (spesso più di una volta) che, più o meno famosi che siano, possono riservare vecchie e nuove sorprese per chi li ha visti, chi vorrebbe vederli o chi semplicemente ne ha sentito parlare. Una sezione speciale, a cui ho iniziato a lavorare durante il confinamento e la pandemia, è quella dedicata ad alcuni artisti che lavorano a Roma, a cui ho dedicato articoli o interviste aprendo a una serie di spunti sull’arte contemporanea, ma sempre nell’ottica del rapporto tra espressione e immaginazione.
Come blog di riflessioni e di letture intendo diffondere libri e film che hanno avuto un impatto significativo o che ritengo possano averlo in futuro ma che essenzialmente hanno ricoperto una qualche importanza nella mia carriera di lettrice abituale. Ogni articolo del blog contiene riferimenti alle fonti che ho usato, agli articoli che ne hanno parlato e una mappatura generale delle connessioni che si possono trarre nell’immenso panorama offerto dalla rete in rapporto alle letture di volta in volta proposte.
Vivo a Roma, ho un dottorato di ricerca in letteratura nordamericana ma sono una linguista per lavoro. Questo non significa che tutti i libri che leggo mi piacciono o che tutti i film che pretendo di interpretare siano dei capolavori. Sono convinta in realtà che la maggior parte degli autori più acclamati oggi siano molto sopravvalutati, alcuni addirittura illeggibili, e una buona percentuale di film sul mercato globale siano assolutamente di scarsissima qualità sul piano delle storie (anche se di livello tecnicamente elevato). Quando trovo una certa qualità letteraria nel cinema che guardo o una qualità cinematica in quello che leggo, o quando mi pare che le potenzialità della forma (letteraria o cinematica) siano impiegate alla grande dall’autore di turno, ritengo che sia il caso di parlarne e di mettere in circolo qualche idea, anche mettendo in campo le teorie critiche che non vanno più di moda.
Amo gli autori immaginifici, quelli che sono intelligenti, i film che restano impressi, il tè, il mare dalle navi, le metropoli, i felini e le giraffe. Non mi piacciono gli intellettuali pretenziosi e falsificatori, la cattiva coscienza, l’ipocrisia borghese, le maglie di acrilico e il capitalismo predatorio di oggi. In realtà ci sono molte cose che non mi piacciono, in letteratura, in politica e nel modo in cui si parla del cibo. Ce ne sono altrettante che amo, però, e una di queste è la capacità di usare l’immaginazione.
Adesso lascio la parola al personaggio di uno dei miei romanzi preferiti:
– Leggere, – egli dice, – è sempre questo: c’è una cosa che è lì, una cosa fatta di scrittura, un oggetto solido, materiale, che non si può cambiare, e attraverso questa cosa ci si confronta con qualcos’altro che fa parte del mondo immateriale, invisibile, perché è solo pensabile, immaginabile, o perché c’è stato e non c’è più, passato, perduto, irraggiungibile, nel paese dei morti…
– … O che non è presente perché non c’è ancora, qualcosa di desiderato, di temuto, possibile o impossibile, – dice Ludmilla, – leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà… *