Difficile dire se questo romanzo di fantascienza sia bello; del resto sarebbe prenderlo per l’angolatura sbagliata. È un libro impegnativo perché appartiene alla fantascienza hard core e presuppone conoscenze scientifiche e matematiche solide per capire dove finisce il realismo scientifico e dove comincia l’invenzione pura. Il lettore medio farà fatica, ammesso che un lettore medio abituato magari a letture meno faticose, possa apprezzare l’insolita bellezza delle descrizioni tecnologiche che costellano circa metà delle quattrocento pagine del primo romanzo di una trilogia. Ma sono anche queste descrizioni a rendere il libro un’opera maestosa e folle, tanto più se si pensa al successo di pubblico che sta avendo in Cina e alla popolarità che lo scrittore ha ormai acquisito anche nel mondo anglofono. Il problema dei tre corpi, (letto in ebook) è il primo tomo di una trilogia dal titolo Remembrance of Earth’s Past che comprende Dark Forest e Death’s End, questi ultimi in corso di traduzione e pubblicazione. Il primo romanzo stato tradotto dalla versione inglese di Ken Liu, traduttore ufficiale di Cixin dal cinese. È un aspetto interessante, questo, perché la versione pensata ed elaborata per il pubblico di lingua inglese e internazionale (su cui si basa anche la traduzione italiana di Mondadori) non è soltanto una traduzione ma un vero e proprio adattamento culturale, di cui Ken Liu parla nella postfazione al romanzo, dove spiega alcuni aspetti del processo di traduzione e adattamento che ha compiuto. Il risultato è un romanzo che sembra pensato proprio per il pubblico di lingua inglese, conservando tuttavia nelle sue parti più interessanti e più insolite, il sostrato culturale cinese e anche quella che chiamerei una certa enigmaticità di comportamento tipicamente orientale (tipo la scarsa emotività? O l’apparente freddezza? O la difficoltà a riuscire a esprimere a parole l’interiorità dei personaggi?). Questo è quanto Ken Liu, il traduttore, afferma:
L’atto della traduzione comporta che un’opera scritta in una lingua venga scomposta in pezzi da traghettare sull’altra riva di un golfo, dove l’opera sarà ricostruita in un’altra lingua. Se il golfo che separa le due opere è niente di meno che l’Oceano Pacifico tra la Cina e l’America, il compito può rivelarsi arduo. Le ovvie difficoltà, quali le differenti strutture linguistiche e i riferimenti culturali, sono di fatto relativamente semplici da risolvere. […] Ma ci sono questioni più sottili, relative alle strategie compositive e alle tecniche narrative. La traduzione letteraria cinese ha plasmato i suoi lettori ed è stata a sua volta plasmata da essi, che hanno determinato enfasi e preferenze narrative diverse da quelle dei lettori americani. In certi casi, ho tentato di adeguare le tecniche narrative a quelle più conosciute dai lettori americani, mentre in altri casi le ho lasciate intatte, convinto che fosse meglio mantenere il sapore dell’originale. Ho inoltre tentato, laddove possibile, di proteggere quei passaggi riguardanti la storia e la politica cinese dalle interpretazioni occidentali. (Poscritto all’edizione ebook Kindle reader)
La fantascienza e la Cina
La fantascienza come genere letterario parte quasi sempre da presupposti scientifici per estenderli oltre il confine del possibile, rispondendo, a una domanda in qualche modo ontologica:
what if…? Cosa accadrebbe se, date certe premesse…
Come genere autonomo, essa è relativamente recente in Cina e Liu Cixin racconta di essercisi accostato la prima volta con Viaggio al centro della terra di Jules Verne e di aver poi letto altri romanzi che prima degli anni settanta erano completamente banditi dal paese. Prima di diventare scrittore a tempo pieno, conquistandosi una vera e propria fama nazionale prima e internazionale poi (il libro ha vinto il premio Nebula e il premio Hugo nel 2015), Cixin ha lavorato come ingegnere in una centrale elettrica, un’esperienza che trapela dalle descrizioni assai circostanziate della base Costa Rossa, in cui lavora Ye Wenjie, una dei protagonisti. Ma è nel racconto dell’infanzia in un villaggio dell’Henan, dove il piccolo Cixin era stato mandato dai genitori che lavoravano in una miniera di carbone, che sembra iniziare la genesi della sua ispirazione scientifica prima e fantascientifica poi. Cixin ricorda la fame, l’apparizione di una stella che in realtà è il primo satellite inviato dalla Cina nello spazio e l’immane catastrofe che colpì la regione Zhumadian dell’Henan, in cui morirono 240.000 persone, lasciandosi indietro rifugiati e distruzione. Testimone in prima persona di una catastrofe e anche del grande balzo in avanti compiuto dal suo paese, Cixin è passato dall’estrema povertà dell’infanzia (nel villaggio la corrente elettrica arrivò negli anni Ottanta!) a un ruolo di ingegnere in una centrale e poi a uno dei più famosi scrittori del suo paese. Altro che balzo in avanti, qui sembra di assistere al volo di un razzo spaziale…
Nelle vesti di autore del genere che cominciai a praticare da ammiratore, non uso la letteratura come mezzo occulto per criticare la realtà del presente. Penso che il più grande merito della fantascienza sia la possibilità di creare tanti mondi immaginari che non hanno nulla a che fare con la realtà. Ho sempre sentito che i racconti più belli e grandiosi della storia dell’umanità non fossero quelli cantati dai bardi erranti, o scritti dai drammaturghi e dai romanzieri, ma quelli narrati dalla scienza. Le storie della scienza sono più maestose, coinvolgenti, profonde, eccitanti, strane, terrificanti, misteriose e persino più commoventi delle storie della letteratura. Ma queste splendide storie sono incatenate a equazioni matematiche che molti non sanno interpretare. […] Attraverso la fantascienza, cerco solo di creare i miei mondi usando il potere dell’immaginazione e di rendere manifesta la poesia della Natura in quei mondi, per narrare le leggende romantiche dell’uomo in relazione con l’universo. (Poscritto, ebook in Kindle reader)
Sono passaggi fondamentali, questi, perché illuminano un intento quasi “romantico”, detto in termini occidentali, e gettano una luce tutta speciale sulla nostalgia implicita in questa trilogia. E poi sono utili a capire quanto Cixin usi il medium letterario proprio come strumento e non come fine: quello che narra è una lunga e complessa storia di fantascienza e non una metafora del mondo in cui viviamo, con buona pace per tutti quelli che cercano di interpretare il libro cercandovi risposte sulla Cina. Ma è davvero così? E se questo fosse un altro modo per aggirare la censura, facendo leva sull’immaginazione del futuro per criticare l’ideologia del presente? In fondo, nel romanzo, tutti hanno in qualche modo ragione, a cominciare da quelli che vorrebbero redimere il mondo con l’intervento di un’altra specie aliena.
La trama
La struttura narrativa del romanzo non è particolarmente innovativa sul piano formale anche se vi sono diversi salti temporali e cambi di scena per i quali il lettore è aiutato dalla suddivisione dei capitoli che procede in maniera abbastanza lineare. Data la mole e la complessità delle spiegazioni tecnico-scientifiche, questo è soltanto un vantaggio che permette di seguire abbastanza bene le tre trame. Possiamo parlare ancora di narrazione lineare e abbastanza classica, contando che i personaggi vengono presentati come in una pièce teatrale, con tanto di descrizioni e ruoli assegnati prima che inizi la narrazione, in modo da aiutare il lettore.
La prima trama si svolge durante la rivoluzione culturale, nel 1967, e ha per protagonista Ye Wenjie, giovane astrofisica e figlia di uno scienziato che viene brutalmente giustiziato da un comitato rivoluzionario in una scena di apertura, peraltro durissima, presentata con descrizioni fattuali che si alternano a dialoghi serrati e lineari in grado di presentare con grande chiarezza quello che stava succedendo nel paese capovolto da tumulti violentissimi e da un’ondata di esecuzioni sommarie. Ye Wenjie viene esiliata e deportata in un campo di lavoro dove attira l’attenzione perché legge un libro ambientalista Primavera silenziosa di Rachel Carson (oggi un grande classico da riprendere in mano), nel periodo di una brutale opera di deforestazione. Le fanno la spia, ma viene “recuperata” perché utile a lavorare in una base segreta chiamata Base Costa Rossa per un progetto militare segretissimo. La base è in grado di inviare segnali nello spazio ma i vertici sono preoccupati della possibilità che russi e americani possano contattare civiltà aliene che porterebbero ancora più squilibrio tra gli umani. Ye Wenjie a un certo punto riceve un messaggio da un pianeta alieno in cui si chiede di non rispondere perché così si localizzerebbe la Terra. Invece Ye Wenjie risponde.
La seconda trama si svolge negli anni duemila (il libro originale è uscito nel 2006) ed è quella più elaborata, con diversi personaggi e un intreccio più nelle corde dei gusti occidentali. È incentrata fondamentalmente sugli enormi progressi scientifici e tecnologici fatti in Cina nel campo dell’astrofisica e della realtà virtuale, tra laboratori e dipartimenti accademici; il protagonista di questa parte è Wang Miao, ricercatore sui nano materiali che viene reclutato e infiltrato a Frontiere della Scienza, un’associazione elitaria di scienziati, astronomi, biologi che ha anche sviluppato un gioco virtuale chiamato “Tre corpi” a cui si accede con una tuta speciale e consente al partecipante di comprendere cosa accade nel mondo di Trisolaris, ovviamente attraverso una simulazione. Il gioco è diviso in diverse fasi , ciascuna con una diversa civiltà che viene distrutta alla fine di un ciclo: si contano Re Wen di Zhou; Mo Zi e l’inferno di fuoco; Copernico, la palla universale e il Giorno Trisolare, Newton, von Neumann, il Primo Imperatore e la Sizigia Trisolare, Einstein, il Monumento del Pendolo e il Grande Strappo tutti dedicati a spiegare gli effetti del problema dei tre corpi seguendo diversi approcci conoscitivi che vanno dalla concezione taoista a quella occidentale e scientifica. Il gioco serve a reclutare nuovi adepti: quelli a ci piace Trisolaris sono pronti per conoscere la verità, ossia che il pianeta esiste davvero. Molti scienziati però muoiono o vengono assassinati. In questa trama ci sono Shi Quiang, detective di polizia, amico del ricercatore, Shen Yufei, fisica giapponese e moglie di Wei Cheng che è membro di Frontiere della Scienza, poi ci sono il Colonnello Stanton, marine degli Usa, Mike Evans, figlio di un magnate del petrolio e fondatore dell’Organizzazione Terra-Trisolaris (indicata con la sigla OTT), accanito difensore della Natura e probabilmente ispirato a L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono.
Le descrizioni di “Tre corpi” richiedono un bell’impegno mentale e una fantasia sconfinata perché a ogni fase corrisponde una distruzione finale che richiede la disidratazione dei corpi dei superstiti in attesa di un ciclo più favorevole in cui i corpi possano essere reidratati e riportati in vita, per ricominciare, ad libitum. Al di fuori del gioco, il pianeta esiste veramente ed è abitato da una civiltà perennemente sull’orlo della distruzione e alla disperata e predatoria ricerca di un equilibrio, mentre i terrestri si dividono in due fazioni: gli Avventisti, che odiano il genere umano e i Redenzionisti, che invece vogliono salvarlo. Purtroppo la fazione degli avventisti, non si rende conto di quanto pericolosa sia la sua posizione nei confronti della propria specie e del proprio pianeta, che rischia di essere colonizzato; preferiscono invece pensare che il male fatto alla Terra e prodotto dalla Storia con tutto lo squilibrio che comporta (soprattutto guardata dall’angolatura cinese, non bisogna mai dimenticare questo aspetto) meriti di essere raddrizzato da qualcuno che non sia terrestre o umano.
La terza trama, se così si può chiamare, è una specie di rappresentazione del pianeta Trisolaris, abitato dai famosi “altri” o alieni, che scoprono di essere stati contattati da un pianeta chiamato Terra. Ovviamente, a causa del problema dei tre corpi, il pianeta Trisolaris è destinato alla distruzione e quindi costretto a trovare un altro posto pur di far sopravvivere la propria specie o civiltà o qualunque cosa essa sia. L’aspetto interessante di questa parte sta nell’incredibile somiglianza di intenti che i trisolariani condividono con i peggiori umani (che non hanno ancora incontrato, però) e quanto pericolosa sia diventata la loro marcia interplanetaria verso la Terra. Sarà il tramonto dell’umanità o, come insetti resilienti, i terrestri riusciranno a sopravvivere? Le risposte sono negli altri due tomi.
Gli alieni sono molto simili a noi, o no?
Ovviamente Il problema dei tre corpi essendo il primo romanzo di una trilogia dedicata a uno dei temi più iconici della fantascienza ossia la presenza degli alieni nell’universo e l’incontro con noi umani, appare in questo senso solo come un lungo e complicatissimo prologo sulle circostanze e le motivazioni che hanno portato gli umani, a inviare un messaggio nell’universo alla ricerca di qualcuno che possa salvare o distruggere questo “atomo opaco del male” (così lo chiamava Giovanni Pascoli nel lontano 1900) in cui gli umani hanno causato solo disastri e distruzione. Le descrizioni tecniche dei meccanismi di trasmissione del messaggio e di come la scienziata riesce a risolvere il problema della perdita di forza del segnale nello spazio sono veramente per patiti o conoscitori della materia, anche se Cixin si sforza di renderle interessanti e avvincenti e di far capire anche ai neofiti (come me, purtroppo, la cui ignoranza in queste cose è davvero deplorevole) che il funzionamento delle tecnologie hard core e dei progressi scientifici in questo campo non possono più essere ignorati. Ye Wenjie è un esempio di scienziata di grandissima tempra e conoscenza (anche se inaridita dalla malvagità che ha subito e dal risentimento che giustamente cova nei confronti dei suoi simili) confermando quello che ho sempre pensato e cioè che la fantascienza è un genere progressista sotto tutti gli aspetti, non ultimo e non meno importante, quello di dare alle donne dei ruoli di primo piano, ponendole come figure convincenti, interessanti, universali.
Il romanzo è rilevante non tanto per la struttura narrativa e il tema degli alieni che vogliono rubarci il pianeta (perché noi umani siamo così stupidi da pensare che una specie aliena possa essere migliore di noi ed essere dotata di quella bontà che non riusciamo a ottenere da noi stessi) quanto perché è un romanzo che, nonostante l’autore voglia farci pensare il contrario, dice moltissimo sulla Cina di oggi, su come il paese si percepisce e percepisce il progresso tecnologico, su come il tema della distruzione della natura sia ormai universale e urgentissimo, e, infine, su come sia possibile parlare di Rivoluzione culturale (uno degli eventi storici più cruenti nella storia dell’umanità, le cui vittime non sono ancora accertate del tutto ma che si annoverano nell’ordine di milioni) senza incappare in forme di censura politica. In realtà di Rivoluzione culturale oggi in Cina se ne può parlare in un certo modo, evitando tuttavia di criticare il Grande Timoniere, AKA Mao. Tutto questo trapela nel romanzo di Cixin in maniera molto abile, facendolo passare come sostrato che anima il risentimento del personaggio di Ye Wenjie e del suo vissuto personale e non lascia pensare che si tratti dell’autore che parla del suo paese. Anche se Cixin fa di tutto per sviare l’attenzione del lettore occidentale sulla centralità dei temi storico-politici, non ci riesce davvero perché il libro è interessante proprio dove l’autore si discosta dalla scienza e dalla tecnologia per raccontare il paese reale, pur con uno sguardo che chiameremmo oggettivo (la descrizione del villaggio nel quale va a vivere Ye Wenjie per un certo tempo è la parte più bella del libro, insieme alla descrizione della distruzione delle foreste – ma questo forse dipende dal mio gusto).
L’umanità vive in un perenne squilibrio
Quando Liu Cixin cerca di parlare dell’umanità, sfodera un pensiero fondamentalmente orientale secondo il quale gli opposti devono cercare l’equilibrio e dove la Natura, effettivamente, è stata soverchiata da una concezione meccanicistica della storia e dell’intervento umano, ma non fino al punto che non possa riuscire a trovare un suo equilibrio a sua volta: l’immagine delle cavallette, verso la conclusione ne è un esempio, tra l’altro evocato proprio dal personaggio più pragmatico e materialista e forse anche più simpatico (difficile dirlo, perché i personaggi sono tutt’altro che simpatici), il detective Shi. Bisogna inoltre rilevare che il dibattito sull’ambiente, la sostenibilità ambientale, e la sottostante ricerca di un equilibrio che permetta a tecnologia e natura di convivere, sono tutti temi ormai entrati nel discorso comune oggi in Cina. Non sorprende, pertanto, che un romanzo come questo, leggibile a diversi livelli, sia diventato un enorme successo editoriale e di pubblico (osannato persino da Obama). Certamente siamo molto lontani dagli approcci filosofici occidentali, i cui concetti sono molto più strutturati e le cui argomentazioni più serrate di quanto non permettano gli stilemi e le forme del pensiero orientale (una considerazione, questa, ampiamente elaborata nel romanzo nella sezione dedicata a Newton). Anche sul piano della forma romanzo di matrice occidentale, con i suoi dialoghi e la profondità dei personaggi, il romanzo di Cixin è più carente e non tiene il confronto con i romanzi di fantascienza occidentali classici e non. Come mi ha insegnato la lettura di Eileen Chang, quella che ha scritto Lussuria, per intendersi, il problema più grosso della letteratura cinese è la descrizione dell’interiorità dei personaggi, un campo sul quale in occidente, siamo proprio bravi mentre in Cina, beh, lasciamo perdere. Per questo trovo che le parti sulla Rivoluzione culturale siano più godibili per noi occidentali mentre quelle più hardcore science sono apprezzabili per i lettori che ci capiscono sull’argomento, quelle con i dialoghi sono un po’ carenti anche se lo scrittore si impegna proprio tanto a renderci i personaggi familiari, e le parti più liriche ed ecologiste, o filoterrestri, sono quelle per me migliori.
A questo proposito è fondamentale quanto lo scrittore dice nel poscritto del libro:
L’ingenuità e la gentilezza con cui l’umanità guarda l’universo rivela una strana contraddizione: sulla Terra, gli uomini possono sbarcare su un altro continente e, senza pensarci due volte, distruggere civiltà affini con guerre ed epidemie. Guardando le stelle, invece, diventano sentimentali, si convincono che, se gli extraterrestri esistono, vivono all’insegna di nobili principi morali, e che curare e amare altre forme di vita fa parte di un indubitabile codice di condotta universale.
Io ritengo che debba essere esattamente il contrario: dovremmo rivolgere la bontà che mostriamo nei confronti delle stelle ai nostri simili sulla terra e costruire quei legami di fiducia e comprensione con i diversi popoli e civiltà che compongono l’umanità.
Si tratta di un nuovo tipo di umanesimo che viene da Oriente? Speriamo. Neanche a farlo apposta, mi dico d’accordo, tanto più che non ho mai provato simpatia all’idea che ci siano altri rompiscatole nell’universo oltre a noi… Ma questo rientra nelle considerazioni personali di cui parlerò un’altra volta.